Meritocrazia del web

Tuesday, 10 April 07
spermatozoi lottano per la conquista dell'ovulo Ultimamente passo molto tempo cercando di capire quale tipo di applicazioni web mi piacerebbe sviluppare in futuro. Alla lunga ho finito con l'identificare tre regole che mi guidano in questo processo. Non tutte le applicazioni web che soddisfano queste tre regole sono buone, ma sono abbastanza convinto che se almeno una di queste regole viene violata c'è qualcosa che non va e dovrei eliminare tale idea tra quelle nella mia TODO list.

Queste regole sono le seguenti:
  • Voler essere per primo un utente di tale servizio. Se una cosa non suscita passione tra la gente che la fa difficilmente riesce bene. Persino se con rigore scientifico si cerca di fare un buon lavoro, quando non c'è la passione si finisce col non comunicare il giusto entusiasmo all'utente. Un esempio lampante di quello che voglio dire è probabilmente google video. Anche se tecnicamente superiore agli altri non ti fa sentire a casa.
  • Non illudersi che gli utenti genereranno contenuto senza una spinta egoistica di qualche tipo. Prima di tutto il servizio deve risolvere un problema: come effetto collaterale può generare contenuti, essere seguito, creare una community.
  • Se l'idea di base non può essere sfoltita e semplificata abbastanza da avere una beta funzionante nel giro di un mese di sviluppo (intensivo, full time, col cuore, non 4 orette al giorno con la calma...) è meglio lasciare perdere. E' più semplice fare buoni software che partono semplici e si ingrandiscono come un organismo vivente. Partire con una cosa mastodontica (specialmente se non ci sono degli investimenti di base, cosa di cui la maggior parte delle startup italiane non dispone) non è una buona idea.
Mi sembravano buone regole, fino a quando non ho notato che ne manca una quarta importantissima. Nel web ci sono infatti mercati meritocratici e mercati non meritocratici ed è meglio stare lontani dai secondi.

Merito dunque esisto

Cos'è la meritocrazia in relazione alle applicazioni web? La capacità del mercato nel caso in cui le applicazioni A e B risolvono lo stesso problema di premiare la migliore delle due e farla vincere.

In un mercato non meritocratico invece si assiste al fenomeno contrario. L'applicazione che vince è quella che viene spinta in misura maggiore da fattori secondari che non riguardano in maniera diretta la soddisfazione dell'utente ma altre variabili quali ad esempio la spinta pubblicitaria e l'indicizzazione nei motori di cerca.

In Italia l'esempio massimo di mercato non meritocratico è il mercato dei piccoli annunci: una accozzaglia di una decina di aziende in competizione in cui nessuna vince davvero e in cui chi perde è sicuramente l'utente per la natura del servizio, perchè se i monolocali in affitto ad Agrigento sono divisi in 20 siti di cui una metà hanno materiale obsoleto non mi sembra che ci siano le condizioni ideali di fruizione.

Un mercato termosifonato

Nel nostro sforzo di cercare di isolare a priori le caratteristiche di un mercato non meritocratico può essere utile analizzare cosa accade nel caso dei piccoli annunci per cercare di trarne conclusioni più generali. Perchè per i piccoli annunci il meccanismo di selezione sembra non funzionare? Come mai non si crea una massa critica nel servizio migliore che permetta di creare il momento sufficiente a farlo diventare un punto di riferimento conosciuto? Non ho tutte le risposte, ma eccone alcune:
  • Non c'è un rapporto di continuità con l'utente. L'utenza dei piccoli annunci varia del 95% ogni settimana! Un utente non è motivato a scegliere, è un meccanismo del tipo un colpo e via.
  • Come conseguenza del primo punto il mercato non genera una community che a sua volta regge il meccanismo numero uno di propagazione di un servizio moderno: il passa parola.
  • La risultante dei precedenti punti è che la strategia migliore per essere trovati da un utente è quella di essere primi su Google per la ricerca monolocale Agrigento e simili, e avere risorse a sufficienza per tenere alta la pressione pubblicitaria, ad esempio tramite adwords di Google.
Non è il caso dei piccoli annunci ma un altro fattore che può generare un mercato del genere è un forte effetto lock-in in cui cambiare servizio è faticoso, come accade per le web mail. Ci sono troppe cose interessanti da fare per concentrarsi dove ci sono già troppi concorrenti e dove l'utente che volesse cambiare è scoraggiato a priori.

Bisogna però non dare troppo peso all'effetto lock-in in alcuni casi. Per esempio anche se la maggior parte degli utenti ha già un indirizzo email molti di essi non hanno ancora un blog. Dove è possibile prevedere una forte crescita di nuove utenze vale la pena di provare.

Mi piacerebbe sentire la vostra, in particolare sul mercato dei piccoli annunci e della sua frammentazione.
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Posted at 18:49:42 | permalink | 4 comments | print
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Comments

Massimo Moruzzi writes:
11 Apr 07, 06:08:33
Ciao Salvatore,

penso tu abbia in larga parte ragione, anche se personalmente penso che vi siano due possibili eccezioni:

-da un lato, bakeca.it, che almeno fra gli studenti e i giovani è riuscita (o almeno sta provando in modo serio e con una strategia che ha dei meriti) a diventare davvero il posto 'giusto' dove andare in prima battuta.

-dall'altro, jobrapido.it, che aggregando gli annunci di lavoro presenti su n (molti) siti è riuscita, almeno nella mia, di testa, a diventare il primo posto dove andare per cercare annunci di offerte di lavoro.

Massimo
www.ennunci.it
Ferdi writes:
11 Apr 07, 11:18:20
concordo pienamente la tua analisi. Proprio a causa di un utilizzo di tali servizi una tantum e difficile creare vere community, a meno che non si lavori molto su un target preciso(ad esempio studenti). Nel breve e medio periodo la strategia vincente e` puntare molto sul posizionamento nei motori di ricerca e alla lunga anche il passaparola puo` portare buoni risultati.IMHO
ciao
Giulietto writes:
11 Apr 07, 11:55:56
Io vorrei analizzare invece il lato di chi pubblica gli annunci, che secondo me sono la causa principale di annunci vecchi di mesi. Spesso chi mette gli annunci si dimentica di toglierli una volta che la vendita è stata effettuata. Colpevoli sono poi anche i siti, che per dire "io ho 300.000 annunci immobiliari" lasciano online annunci vecchi di 3 anni. Spesso il voler essere primi su google porta a dimenticarsi degli utenti.
antirez writes:
11 Apr 07, 17:00:44
@Massimo Moruzzi: in pratica nel caso di bakeca.it se ho capito bene la strategia e' stata quella di avere un target preciso sin dall'inizio.

Questo mi fa pensare che forse questa idea e' estremizzabile al punto da poter essere conveniente creare un sito di annunci incorporato in un sito con uno scopo originale diverso, abbastanza di successo, che ha gia' sviluppato una community precisa (i.e. non un portale).

Per quanto riguarda i motori di ricerca di annunci, e' senza dubbio una strada ma anche se potrebbe funzionare non e' sicuramente una soluzione ottimale: se c'e' il controllo diretto dall'inserimento alla pubblicazione si riesce ad assicurare un livello qualitativo diverso. Pero' in mancanza d'altro...

@Ferdi: La cosa che mi lascia perplesso e' vedere come in ambito locale i vari giornalini abbiano un successo fortissimo anche se sono di una scomodita' terribile. Escono solo una o due volte la settimana, l'inserimento e' tedioso, gli annunci commerciali si pagano, l'utente deve acquistarli, c'e' un effetto picco per cui dopo due ore che e' uscito il giornale tutte le cose "buone" sono andate via. D'altra parte questi giornalini sono molto radicati nel territorio, hanno un elevatissimo livello di qualita' ed affidabilita', nessun annuncio obsolescente o quasi. Comunque questa cosa che emerge dell'avere una community in mente sin dall'inizio sembra una buona strada.

@Giulietto: I portali dovrebbero settare a priori una data di scadenza massima abbastanza breve. Tramite email ci puo' essere il rinnovo semi-automatico per un paio di settimane magari ma non piu' di cosi'. In realta' come dici tu e' un gatto che si morde la coda e i gestori lasciano materiale vecchio perche' per google va bene anche quello.
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